lunedì 30 luglio 2012

Fumar mata

(12 giugno 2012)

Nell’ultimo anno e mezzo ho smesso di fumare tre volte, e tre volte ho ricominciato.
La prima volta che ho smesso di fumare è stato a fine ottobre 2010, dopo la terza tonsillite nel giro di pochi mesi, che mi ha fatto venire il terrore che tutto ciò fosse dovuto al fumo: smisi di punto in bianco, e fu un successo, per 6 mesi. Tra l’altro, nonostante i peggiori non fumatori siano gli ex fumatori stessi, credo di essere stato un ex fumatore modello: mi si poteva fumare davanti e a lato e io non battevo ciglio. Solo provavo invidia, e tanta nostalgia, ma tutto qui.
Tra l’altro, dimostrai che non è vero che lo stress ci porta a fumare: nel corso di quei 6 mesi, nell’ordine: sbriciolai, per sbaglio, i miei occhiali, subii il furto del pc mentre andavo ad una conferenza, feci – tra gli altri – i due colloqui di lavoro più importanti della mia vita e completai la tesi di dottorato. E nonostante questo non ricominciai a fumare.
Poi arrivò, un bel po’ inatteso, il trasloco a Francoforte, a metà aprile. Dopo 3 giorni che ero lì ricominciai a fumare. Ricordo ancora la sera: ero con i miei nuovi amici, che iniziavo a conoscere, in un locale di Sachsenhausen (il cui proprietario, con nostra grande tristezza, morì in circostanze poco chiare, nel fiume Meno, alcuni mesi dopo) e decisi che era il momento di ricominciare a fumare. Con un pacchetto di Marlboro rosse.
Nel corso dell’estate riprovai a smettere. Dopo un sabato sera tra alcool e sigarette, i cui ricordi erano abbastanza sfocati, ma i rantoli provocati dal fumo erano evidenti, decisi di smettere di nuovo. Quella volta durai 2 giorni.
Poi venne il trasloco a Valencia: finite le incombenze legate alla nuova vita da iniziare in Spagna, iniziai a godere dell’effetto positivo che il meteo di questa città aveva sul mio umore. E così, a novembre, decisi che era il momento di smettere di nuovo. Questa volta ho resistito per 4 mesi, ma di tanto in tanto fumavo una sigaretta. Non le compravo, per non sentirmi dipendente, ma le scroccavo, e così il senso di colpa era doppio. A marzo, finalmente, ho ammesso a me stesso che avevo ricominciato a fumare, e ogni giorno fumavo di più.

Ora ci riprovo. Mentre scrivo, sono passate 58 ore dalla mia ultima sigaretta. Fumata (insieme alle 19 che le facevano compagnia del pacchetto) nella notte tra sabato e domenica. Anche stavolta ho smesso per i sensi di colpa legati ai postumi eccessivi. Mi sono detto che, se non fumassi, magari anche bevendo troppo un sabato sera, il giorno dopo non starei così male. E che si sappia che le foto orribili che il Ministero della Salute spagnolo fa mettere sul retro dei pacchetti non mi hanno influenzato.
Eppure, voglio una sigaretta. Voglio terribilmente una sigaretta. Fare un tiro e poi buttarlo fuori, così, in una pausa qui davanti alla facoltà, sotto il sole e con i miei Ray-Ban. Vorrei fare un tiro, controllando come si brucia, cosa che faccio sempre. La cosa migliore del fumare è il momento in cui accendi la sigaretta e tiri fuori il primo tiro: è quando la sigaretta ha il sapore migliore. O vorrei essere in spiaggia in compagnia, bevendo una birra gelata, chiacchierando con una sigaretta in mano, così che mentre parlo esce dalla mia bocca il fumo dell’ultima inalazione. E poi, mentre la spengo, accertarmi che si spenga bene, così che non continui a uscire fumo dal posacenere.

Voglio una sigaretta, disperatamente.

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